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10 Dicembre 2020 Gli italiani e le ricerche su Google. Un 2020 all’insegna del Coronavirus

Gli italiani e le ricerche su Google. Un 2020 all’insegna del Coronavirus

Almeno sul primo posto, potevamo scommetterci: “Coronavirus” è la parola più cercata in Italia nel 2020 attraverso Google, che ha comunicato la sua annuale classifica specificando pure maiuscole e minuscole utilizzate. Una classifica dominata appunto dalla pandemia. Così, ecco spuntare “Classroom” (3° posto) e “Meet” (8°), due dei software con cui abbiamo dovuto prendere confidenza per portare avanti in modo diverso le attività di base come scuola e lavoro. Stessa cosa che è accaduta con “Weschool” (4°), la piattaforma adottata da molte scuole per la didattica a distanza.

Tra “Nuovo Dpcm” (5°), “Contagi” (8°) e “Protezione civile” (9°), solo tre eventi esulano da questa materia. Sono le “Elezioni Usa” (2°) e la scomparsa di Diego Armando Maradona (6°) e Kobe Bryant (7°). Tra le altre classifiche, anche quella del “come fare” (il cosiddetto “how to”) è inevitabilmente legata a doppio filo alla pandemia: “Il pane in casa” è stata la prima delle ricerche, precedendo “Le mascherine antivirus”, “Il lievito di birra”, “La pizza”, “L’amuchina” (considerato un generico igienizzante) e “Il lievito madre”. Al 7° posto del “Come fare” c’è “Il tampone”, seguito da “Lo spid”, il sistema identificativo necessario per chiedere i bonus emergenziali del governo.

Nella sezione personaggi, al primo posto Alex Zanardi seguito da Silvia Romano, Donald Trump, Joe Biden, Giuseppe Conte e Kim Jong Un. Tra il “cosa significa”, gli italiani hanno digitato più frequentemente “Pandemia”, “Mes”, “Dpcm”, “Congiunti”, “Urbi et Orbi” e “Bonsai.

11 Aprile 2020 Google e Apple insieme tracciano il Coronavirus

Google e Apple insieme tracciano il Coronavirus

Google e Apple collaborano per un progetto di tracciamento del contagio del Coronavirus che può aiutare i governi. Lo annunciano insieme i due colossi.

A maggio renderanno disponibili strumenti per gli sviluppatori che stanno progettando le app per le istituzioni mondiali e che consentiranno il dialogo e “‘interoperabilità tra i dispositivi Android e iOS”.

E “nei prossimi mesi” sarà disponibile una piattaforma di “contact tracing” basata sul Bluetooth dando “massima importanza a privacy, trasparenza e consenso” degli utenti finali.

28 Febbraio 2020 Le strane ricerche su Google: c’è chi crede che il coronavirus deriva dalla birra

Le strane ricerche su Google: c’è chi crede che il coronavirus deriva dalla birra

Impennata di «beer virus» e «Corona beer virus» sul famoso motore di ricerca.

Inizialmente si pensava a un bizzarro fraintendimento di qualche utente particolarmente distratto. Poi il fenomeno ha iniziato ad assumere proporzioni inaspettate, tanto da costringere perfino diversi telegiornali come quello della rete televisiva americana Fox News  a chiarire: “Il coronavirus non ha nulla a che fare con la birra Corona”.

Succede anche questo in tempo di psicosi. Nelle ultime due settimane, le ricerche mondiali  su Google dei termini «beer virus» e «Corona beer virus» siano aumentate in modo esponenziale. I Paesi più attivi in tal senso? Nel primo caso Portogallo, Argentina e Paesi Bassi. Nel secondo Malesia, Danimarca, Romania e Taiwan. Pochissime ricerche invece in Italia.

L’azienda produttrice di Corona, si è augurato pubblicamente «che i consumatori capiscano che non c’è nessuna connessione » tra il virus e la birra. Eccetto il nome, naturalmente.

7 Ottobre 2017 Studio: i maggiori consumatori di pornografia online sono gli Stati più religiosi.

Studio: i maggiori consumatori di pornografia online sono gli Stati più religiosi.

Qualunque sia l’atteggiamento personale verso di essa, è un dato di fatto che la pornografia ha un mercato molto ampio, cosa che è ben noto trova riscontro anche su Internet. Per questo motivo le ricerche sociologiche non possono ignorare il fenomeno.

 I dati di Google Trends, che permettono di vedere quanto sono cercate specifiche parole chiave e da che zone, sono oggi un fonte estremamente interessante per chi si occupa di scienze sociali: un gruppo di ricercatori li ha usati per esaminare le ricerche di materiale pornografico online, in particolare andando a confrontare i trend in diverse aree geografiche, interessati a capire se ci siano differenze tra le zone “più religiose” e quelle meno.

“Mentre il collegamento tra caratteristiche religiose personali e consumo di pornografia è ampiamente studiato, poche ricerche hanno cerato di capire se il contesto religioso più ampio possa influenzare il consumo” spiegano i ricercatori nell’articolo pubblicato.

L’analisi statistica dei dati ha permesso di verificare che gli stati a maggior presenza di persone che si dichiarano religiose, e soprattutto di “fondamentalisti cristiani” (cioè tutti quei movimenti che applicano una lettura letterale della Bibbia) è correlata ad una maggiore ricerca di materiale a luci rosse su Internet.