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13 Ottobre 2017 “Maschicidio”: il nuovo termine che parla di violenza, quella delle donne sugli uomini

“Maschicidio”: il nuovo termine che parla di violenza, quella delle donne sugli uomini

Maschicidio: nel 2011, 5 milioni di uomini in Italia hanno dichiarato di aver subito violenza da una donna

In questo periodo si sta parlando molto di violenza sulle donne, le dichiarazioni di Asia Argento, i tweet di Hilarie Burton, sono tante le donne, famose e non, che denunciano ogni giorno una violenza.

Il problema è grave e merita tutta l’attenzione, però c’è anche l’altro lato della medaglia, ovvero il fenomeno del maschicidio.

Un termine nuovo che racconta delle violenze che gli uomini subiscono dalle donne. Certo si tratta di un fenomeno diverso, che raramente si conclude con un omicidio, è una violenza più sottile, psicologica e meno violenta probabilmente, ma non meno degna di attenzione.

Parlando di violenza domestica,infatti, gli stereotipi in cui la donna viene sempre vista docile e incolpevole non mancano. In realtà uno studio del 2012 compiuto dall’Università di Siena ha dimostrato che, su un campione di uomini tra i 18 e i 70 anni, nel 2011 ben 5 milioni di uomini sarebbero stati vittime di violenza da parte di donne.

Le violenze sono state catalogate così: minaccia di esercitare violenza (63,1%); graffi, morsi, capelli strappati (60,05); lancio di oggetti (51,02); percosse con calci e pugni (58,1%). Molto inferiori (8,4%).

Una serie di minacce e aggressioni fisiche a cui vanno aggiunte le violenze psicologiche. Come gli uomini, infatti, anche le donne usano forme di violenza psicologica ed economica se pur con dinamiche diverse

Il 15,7% degli uomini ha subito tentativi di folgorazione con la corrente elettrica, investimenti con l’auto, mani schiacciate nelle porte, spinte dalle scale; il 50,8% critiche a causa di un impiego poco remunerato; il 50,2% denigrazioni a causa della vita modesta consentita alla partner; il 38,2% paragoni irridenti con persone che hanno guadagni migliori; il 48,2% rifiuto di partecipare economicamente alla gestione familiare; il 29,3% critiche per difetti fisici. Insulti e umiliazione raggiungono una quota di intervistati del 75,4%; distruzione, danneggiamento di beni e minaccia raggiungono il 47,1%; minaccia di suicidio o di autolesionismo 32,4%; minaccia di chiedere la separazione, togliere casa e risorse, ridurre in rovina tocca il 68,4%; minaccia di portare via i figli 58,2%; minaccia di ostacolare i contatti con i figli 59,4%; minaccia di impedire definitivamente ogni contatto con i figli 43,8%.

I numeri parlano chiaro: il fenomeno del maschicidio è reale, pur rimanendo meno violenta, è sicuramente un qualcosa di cui parlare e per cui prendere delle precauzioni magari creando delle strutture dedicate o aggiornando quelle esistenti.

Purtroppo oggi in Italia gli sportelli antiviolenza sono dedicati per lo più alle donne, e come dice Luca Lo Presti, Presidente di Fondazione Pangea, non sempre sono in grado di aiutare uomini in difficoltà.

“Oggi siamo al paradosso, che un uomo cosciente di avere un problema legato alla mancanza di controllo della violenza e che chiede aiuto perché ha paura di ferire a morte la compagna, si trova di fronte a muri altissimi. Quando si presenta in un centro antiviolenza ci sono casi in cui viene aggredito psicologicamente e criminalizzato come se dovesse pagare per tutti, in quanto ritenuto parte di una categoria di esseri umani sempre carnefici”

Oppure accade spesso il contrario, ossia che un uomo vittima di violenza che si rivolge agli sportelli spesso non viene creduto, perché il clichè lo vuole in grado di difendersi senza problemi.

Il problema sembra ora senza soluzione, ma porre attenzione sull’argomento potrebbe essere un primo grande passo per ridurre quella diseguaglianza tra sessi, un percorso che si pone come obiettivo quello di non parlare più di violenza su uomini o donne, ma su persone.