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12 Novembre 2023 Peperoncino: un ingrediente per una vita più lunga e sana?

Peperoncino: un ingrediente per una vita più lunga e sana?

Il peperoncino l’ingrediente di una vita più lunga e sana.

La dieta “un po’ piccante” potrebbe portare a una maggiore longevità e ad un minor rischio di morire di cancro o malattie cardiovascolari. La ricerca ha coinvolto oltre un milione e mezzo di persone in diversi paesi ed è emerso che gli individui che consumavano regolarmente peperoncino presentavano tassi di mortalità più bassi per malattie cardiovascolari (26%), cancro (23%) e per qualsiasi altra causa (25%). Esistono numerosi altri studi che hanno dimostrato i benefici per la salute del consumo di questa “bacca”.

I Benefici per la nostra salute

Uno studio successivo ha evidenziato che le persone che consumavano peperoncino almeno quattro volte alla settimana per 8 anni avevano tassi di mortalità significativamente inferiori, anche per malattie cardiovascolari, rispetto a coloro che lo consumavano raramente o mai.

La spiegazione dietro questi dati potrebbe risiedere nella capsaicina, il composto chimico che conferisce il calore al peperoncino. Questa sostanza è nota per essere un potente antiossidante con proprietà antinfiammatorie. La scienza ha dimostrato che l’infiammazione cronica di basso grado può portare a malattie cardiovascolari, cancro, diabete di tipo 2 e altre patologie.

Il “Peperoncino” stimola l’eros!

E’ spesso associato ha un valido alleato per stimolare l’eros. Alcune persone trovano questo effetto stimolante e potrebbe contribuire a creare un’atmosfera più intimamente suggestiva (non osiamo immaginare cosa succede in Calabria). E’ comunque importante sottolineare che l’effetto del peperoncino sulla stimolazione erotica è altamente soggettivo e può variare da persona a persona. L’eros dipende da molti fattori e il peperoncino da solo potrebbe non essere sufficiente a stimolare in modo significativo l’appetito sessuale.

10 Dicembre 2020 Gli italiani e le ricerche su Google. Un 2020 all’insegna del Coronavirus

Gli italiani e le ricerche su Google. Un 2020 all’insegna del Coronavirus

Almeno sul primo posto, potevamo scommetterci: “Coronavirus” è la parola più cercata in Italia nel 2020 attraverso Google, che ha comunicato la sua annuale classifica specificando pure maiuscole e minuscole utilizzate. Una classifica dominata appunto dalla pandemia. Così, ecco spuntare “Classroom” (3° posto) e “Meet” (8°), due dei software con cui abbiamo dovuto prendere confidenza per portare avanti in modo diverso le attività di base come scuola e lavoro. Stessa cosa che è accaduta con “Weschool” (4°), la piattaforma adottata da molte scuole per la didattica a distanza.

Tra “Nuovo Dpcm” (5°), “Contagi” (8°) e “Protezione civile” (9°), solo tre eventi esulano da questa materia. Sono le “Elezioni Usa” (2°) e la scomparsa di Diego Armando Maradona (6°) e Kobe Bryant (7°). Tra le altre classifiche, anche quella del “come fare” (il cosiddetto “how to”) è inevitabilmente legata a doppio filo alla pandemia: “Il pane in casa” è stata la prima delle ricerche, precedendo “Le mascherine antivirus”, “Il lievito di birra”, “La pizza”, “L’amuchina” (considerato un generico igienizzante) e “Il lievito madre”. Al 7° posto del “Come fare” c’è “Il tampone”, seguito da “Lo spid”, il sistema identificativo necessario per chiedere i bonus emergenziali del governo.

Nella sezione personaggi, al primo posto Alex Zanardi seguito da Silvia Romano, Donald Trump, Joe Biden, Giuseppe Conte e Kim Jong Un. Tra il “cosa significa”, gli italiani hanno digitato più frequentemente “Pandemia”, “Mes”, “Dpcm”, “Congiunti”, “Urbi et Orbi” e “Bonsai.

22 Novembre 2020 Shazam, questi sono i brani più cercati di sempre

Shazam, questi sono i brani più cercati di sempre

Shazam, la popolare applicazione che consente agli utenti di riconoscere quale canzone si sta ascoltando in quel momento, ha pubblicato l’elenco dei brani più cercati di sempre.

Al primo posto c’è il tormentone “Dance Monkey” della cantautrice australiana Tones and I (nome d’arte di Toni Watson). Gli utenti l’hanno cercata tramite la app per 33,6 milioni di volte. Watson è conscia che Shazam ha avuto un impatto incalcolabile sul successo del brano: «Non avevo un seguito quando ho pubblicato “Dance Monkey”, ma (Shazam, ndr) mi ha dato l’opportunità di raggiungere un numero maggiore di persone e arricchire la mia base di fan» ha dichiarato. Il brano detiene anche il record per quello più cercato nelle singole 24 ore.

Il secondo gradino del podio è occupato da “Prayer in C” di Lilly Wood & The Prick & Robin Schulz, mentre al terzo posto troviamo “Let Her Go” di Passenger. In classifica troviamo anche Ed Sheeran, Sam Smith, Avicii, John Legend e tante altre star.

28 Febbraio 2020 Le strane ricerche su Google: c’è chi crede che il coronavirus deriva dalla birra

Le strane ricerche su Google: c’è chi crede che il coronavirus deriva dalla birra

Impennata di «beer virus» e «Corona beer virus» sul famoso motore di ricerca.

Inizialmente si pensava a un bizzarro fraintendimento di qualche utente particolarmente distratto. Poi il fenomeno ha iniziato ad assumere proporzioni inaspettate, tanto da costringere perfino diversi telegiornali come quello della rete televisiva americana Fox News  a chiarire: “Il coronavirus non ha nulla a che fare con la birra Corona”.

Succede anche questo in tempo di psicosi. Nelle ultime due settimane, le ricerche mondiali  su Google dei termini «beer virus» e «Corona beer virus» siano aumentate in modo esponenziale. I Paesi più attivi in tal senso? Nel primo caso Portogallo, Argentina e Paesi Bassi. Nel secondo Malesia, Danimarca, Romania e Taiwan. Pochissime ricerche invece in Italia.

L’azienda produttrice di Corona, si è augurato pubblicamente «che i consumatori capiscano che non c’è nessuna connessione » tra il virus e la birra. Eccetto il nome, naturalmente.

26 Novembre 2017 Postare su Facebook fa bene alla salute

Postare su Facebook fa bene alla salute

Secondo uno studio, scrivere uno stato su Facebook aiuta a far sentire meno sole le persone.

Già da tempo si discute sull’utilità dei social network e sul loro impatto nella nostra vita: facilitano le relazioni o allontanano dalla realtà?

La questione è stata approfondita da uno studio pubblicato sul Social Psychologichal and Personality Science Journal, con lo scopo di verificare se gli aggiornamenti di stato su Facebook aumentino o diminuiscano la solitudine delle persone.

Da un lato la ricerca ha dimostrato come le amicizie reali siano sempre le più efficaci per la felicità delle persone. Eppure si è notato come anche postare regolarmente sui social network faccia bene all’umore.

Questo gesto, infatti, aiuta a ridurre la sensazione di solitudine, facendo sentire le persone più connesse agli amici. Questo sembra avvenire a prescindere dal fatto che ci sia o meno un feedback di qualunque tipo (commenti o mi piace) a quanto postato sui social.

24 Novembre 2017 Facebook: chi ha molti amici è più materialista

Facebook: chi ha molti amici è più materialista

In Germania uno studio rivela che le persone più popolari sui social collezionano contatti come fossero oggetti

Avete mai pensato che Facebook potesse essere paragonato a un gigantesco album di figurine? Un po’ come succedeva con i calciatori della nostra infanzia, la piattaforma social offre una panoramica di volti, e c’è chi si diverte a scorrerli commentando “Ce l’ho” oppure “Mi manca”.

Questo è quanto emerso da uno studio della Ruhr-University Bochum, in Germania, portato avanti dallo psicologo Phillip Ozimek.

Sotto la lente dei ricercatori è stato preso in esame il comportamento di 531 utenti con profilo Facebook attivo, divisi in due gruppi (il primo è servito ad effettuare lo studio pilota mentre il secondo per replicarne i risultati). Davanti al questionario, in cui si chiedeva di quantificare l’uso di Facebook e la tendenza al confronto con gli altri, i volontari hanno fornito le risposte legate al proprio vissuto.

Ne è emerso che esiste una correlazione (ma non si tratterebbe di un rapporto causa-effetto) tra l’alto numero di amicizie sul social e l’idea che questi contatti siano dei semplici oggetti. Sono stati posti in esame anche il tempo speso su Facebook, il livello di materialismo dei soggetti coinvolti e il loro modo di relazionarsi con il prossimo. Infine è stato analizzato il valore attribuito dagli individui ai contatti aggiunti (veri e propri “beni”), e se la quantità di questi influenzasse la propria reputazione online.

In realtà il risultato dell’indagine non ci sconvolge più di tanto: chi è connesso per la maggior parte della propria giornata avrà tutto il tempo necessario per inviare richieste di amicizia, chattare e spiare le foto degli amici virtuali. Il tranello dell’invidia da social, caratteristica comune tra i più “spioni”, è proprio dietro l’angolo.

I ricercatori però, sottolineano che la smania di “possesso” celata dietro la pratica di accrescere le proprie amicizie social sarebbe correlata a una migliore reputazione.

Ma qui il materialismo non ha necessariamente valenza negativa, spiega Ozimek: obiettivo dello studio era solo riscontrare quali fossero gli obiettivi e le modalità di interazione della gente su Facebook.

Guai a definire fannulloni e perditempo i social media addicted: adesso possiamo dimostrare che passare la vita sui social è una vera faticaccia

18 Novembre 2017 Troppi selfie cancellano i ricordi

Troppi selfie cancellano i ricordi

Una ricerca svolta in Nuova Zelanda dimostra che fare troppi selfie distrugge la nostra memoria.
In Nuova Zelanda un gruppo di ricercatori ha affermato che fare troppi selfie fa cancellare i ricordi nella testa della gente.

Ciò accade perché quando ci concentriamo per assumere una bella posa e per far rientrare nella foto anche il panorama che ci circonda, mettiamo in secondo piano l’ambiente e non ci concentriamo sulle bellezze intorno a noi.

Questo atteggiamento porta a non osservare i particolari e ad accontentarsi di vederli attraverso lo schermo del telefono o delle macchine fotografiche.

I ricercatori confermano che quando una persona dopo torna a casa non è nemmeno in grado di riordinare le foto che ha scattato perché non si ricorda l’ordine esatto dei dettagli a causa della poca attenzione che ha utilizzato. Godetevi il momento perché attraverso una foto non si possono rivivere le stesse emozioni.

18 Novembre 2017 Funzionano i contraccettivi ormonali maschili

Funzionano i contraccettivi ormonali maschili

L’efficacia è praticamente la stessa di quelli femminili, anche se rimangono alcuni importanti effetti collaterali. Sono ora allo studio nuovi dosaggi e metodi di somministrazione.

 Una combinazione di ormoni iniettata nel corpo maschile si è rivelata un contraccettivo efficace quanto la pillola femminile, prevenendo le gravidanze nel 96% dei casi. È quanto emerge da un’ampia ricerca internazionale che lascia intravedere un futuro in cui le responsabilità della contraccezione siano equamente distribuite all’interno delle coppie, ma che evidenzia anche alcuni importanti effetti collaterali.Lo studio ha coinvolto 350 uomini che hanno ricevuto iniezioni di progesterone e testosterone: il primo agisce sull’ipofisi o ghiandola pituitaria per annullare la produzione di spermatozoi e di fatto “spegnere” il sistema riproduttivo maschile. Il testosterone serve a compensare il calo di ormoni maschili indotto dal progesterone e a mantenere il paziente in salute.

 PROMETTENTE. Il sistema ha stupito per la sua efficacia. Dopo un periodo iniziale in cui gli uomini, tutti in relazioni stabili, hanno adottato le iniezioni e altri metodi contraccettivi, si è passati alla verifica vera e propria, con soltanto una puntura al bimestre come unico modo per prevenire gravidanze.Solo 4 concepimenti sono avvenuti su 274 coppie che sono riuscite ad assumere gli ormoni in modo stabile: una riuscita pari a quella della pillola e maggiore di quella che ha il preservativo nella vita di tutti i giorni, pari all’82% (il condom rimane però l’unico metodo sicuro per evitare malattie sessualmente trasmissibili).

 SINTOMI INDESIDERATI. Tuttavia, il trattamento ha causato alcuni effetti collaterali definiti inaccettabili, come depressione, acne e aumento della libido: conseguenze che hanno spinto 20 uomini ad abbandonare lo studio prima del tempo, e a non coinvolgere altri partecipanti dal 2011 in poi. In tutto sono state registrate 1.491 situazioni di questo tipo, incluso un suicidio e un episodio di forte tachicardia a fine trattamento. Ma il 39% di questi incidenti si è rivelato “slegato” dalle iniezioni.I PROSSIMI PASSI. Secondo gli autori dello studio, parte degli effetti sgraditi si potrebbe eliminare cambiando il dosaggio ormonale o le modalità di somministrazione del mix (si sta ora pensando a un gel da spalmare ogni giorno sul petto). Quanto all’efficacia, questo rimane comunque il maggiore risultato nello studio dei contraccettivi maschili reversibili degli ultimi 40 anni.